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Il clima è già cambiato

Ultimo Aggiornamento: 20/08/2007 10:23
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20/08/2007 10:23

Energia, in Europa il clima è cambiato - 2007-08-20

L’ex Commissario Europeo alla Concorrenza Mario Monti a un convegno in Bocconi: la politica energetica come la politica monetaria europea

In Europa il clima è cambiato. Non si tratta, questa volta, di una considerazione meteorologica dalle tinte più o meno catastrofiche sulle ultime stravaganze climatiche del vecchio continente. È, invece, un’osservazione sulla quale concorda chi segue da vicino le politiche energetiche europee e le loro prospettive future: in tema di energia e di ambiente qualcosa è cambiato, sia nella consapevolezza dell’opinione pubblica sia nell’atteggiamento delle istituzioni. E per l’Europa sembrano finalmente aprirsi degli spiragli di opportunità per uscire dalle difficoltà attuali.

L’occasione per dibattere del tema è stata fornita dal convegno “Energia in Europa: prospettive a cinquant’anni dal Trattato di Roma”, organizzato il 27 marzo scorso in Bocconi dal corso di laurea specialistica in Economia e management delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali (Clapi-Ls). Presente in aula anche un nutrito gruppo di studenti della prestigiosa Ecole Doctorale di Sciences Po (con il Direttore Marc Lazar), con la quale la Bocconi ha avviato da un paio di anni un programma di collaborazione, con l’attivazione di un Double Degree in International Public Affairs.

La politica energetica sta venendo ad assumere una posizione chiave nell’agenda politica dell’Unione Europea. Una chiara conferma di ciò si trova nella recente dichiarazione di Berlino, approvata all’unanimità dagli stati membri: “In quello che è un documento valoriale e identitario – ha osservato il Direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea Roberto Santaniello – la politica energetica è posta tra i quattro o cinque punti qualificanti dell’agenda dell’Unione Europea per i prossimi anni. Insieme con l’immigrazione, sarà a mio avviso il tema su cui maggiormente si punterà nel percorso della costruzione comunitaria”.

Rendere compatibile l’uso dell’energia con lo sviluppo sostenibile e puntare sulla sicurezza degli approvvigionamenti saranno le priorità per il futuro, ha illustrato Luigi De Paoli, Direttore dell’Istituto di Economia e politica dell’energia e dell’ambiente della Bocconi.

Ma se gli avvenimenti degli ultimi anni ci insegnano qualcosa, è che di fronte ai temi energetici e ambientali le singole politiche nazionali e gli accordi bilaterali sono destinati a essere perdenti. Questo, in sintesi, il messaggio del Ministro italiano per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani – il quale, trattenuto a Roma per importanti impegni di governo, ha fatto pervenire il testo del suo intervento al chairman del convegno, il Direttore del Clapi-Ls Giovanni Valotti –. L’Italia, ha fatto sapere Bersani, grazie al programma di liberalizzazione nei mercati del gas e dell’energia elettrica iniziato nel 1999 ha adottato soluzioni all’avanguardia rispetto ad altri paesi europei (come la separazione societaria fra tutte le componenti della filiera dell’energia elettrica e del gas). Tuttavia, la situazione di crescente dipendenza dell’Europa dall’estero per gli approvvigionamenti energetici (oggi del 50%, con una previsione dell’80% nel 2030), oltre alla necessità di sicurezza degli stessi, induce a concludere che sia necessario far valere la forza di 450 milioni di consumatori. L’Europa, secondo il Ministro, deve parlare con una sola voce nei confronti dei paesi produttori e di transito, promuovere la formazione di imprese energetiche europee e sviluppare interconnessioni e corridoi energetici. La strategia europea deve servirsi al contempo di realismo e coraggio: realismo, perché la variabile ambientale non può compromettere la sicurezza delle forniture energetiche né penalizzare il sistema produttivo; coraggio per cercare politiche “win-win”, di miglioramento, per esempio, dell’efficienza energetica e di aumento nell’utilizzo delle fonti rinnovabili.

La mancanza di volontà degli stati di rinunciare alle loro prerogative nazionali è alla base, secondo il Direttore generale aggiunto per l’Energia della Commissione Europea Fabrizio Barbaso, del fallimento di tutti i tentativi compiuti in passato di introdurre la politica energetica nel contesto della politica europea. Oggi, però, alcuni fattori hanno contribuito a far cambiare radicalmente il contesto: “Attualmente – ha detto Barbaso – abbiamo una presa di coscienza a tutti i livelli, a cominciare dai capi di stati e di governo fino all’opinione pubblica”. Questo è avvenuto, secondo Barbaso, principalmente per tre motivi: il prezzo del petrolio, che dai 10 dollari al barile della fine degli anni ’90 è arrivato oggi a oscillare tra i 55 e i 70 dollari; la dipendenza sempre crescente da paesi terzi, spesso politicamente instabili; la presa di coscienza ormai generale del fatto che il cambiamento climatico sia dovuto a cause umane. Tutti fattori davanti ai quali evidentemente le risposte nazionali sono del tutto inadeguate, e che determinano l’esigenza di una politica energetica europea. Dal punto di vista ambientale va anche detto, ha continuato Barbaso, che l’Europa rappresenta oggi solo il 14% circa delle emissioni mondiali di CO2: può quindi fare ben poco se non riesce a coinvolgere nei suoi sforzi anche Stati Uniti e Cina. Quest’ultima, in particolare, inaugura ogni settimana una nuova centrale elettrica a carbone e nel 2010 supererà le emissioni di anidride carbonica degli USA.

Cinquant’anni fa, ha osservato Barbaso, l’Europa nacque in risposta ad alcune preoccupazioni comuni, innanzitutto sulla gestione pacifica della fonte energetica principale per l’epoca, il carbone. Oggi questa dinamica si ripropone, e i problemi energetici sono ancora una volta fonte di unità e stimolo alla coesione per la UE.

“In realtà c’è una relazione, a mio avviso, tra il nuovo disegno di politica energetica che è stato presentato, la fiducia dell’Unione Europea in se stessa e la credibilità agli occhi dei terzi” ha detto l’ex Commissario Europeo alla Concorrenza Mario Monti. Il Presidente della Bocconi ha ricordato le espressioni ora di rimprovero, ora di derisione, con cui gli Stati Uniti guardavano negli ultimi anni l’Unione Europea, vista come cocciutamente legata al multilateralismo e promotrice di Kyoto. “Con la nuova impostazione europea della politica energetica, oggi gli USA si stanno convincendo dell’essenzialità di un approccio multilaterale, e stanno studiando che cosa l’Europa ha fatto in questi anni”.

Monti ha concluso proponendo un’analogia tra la politica energetica di questi anni e la politica monetaria di 15 o 20 anni fa, quando gli stati membri dell’Unione cercavano di mantenere ‘con le unghie e coi denti’ competenze e sovranità nazionali, in opposizione alla politica monetaria e alla moneta unica. “Col tempo hanno scoperto che avevano, sì, una sovranità: quella di decidere, nel giro di due-tre minuti, ogni giovedì pomeriggio, se allineare il loro tasso di interesse a quello annunciato dalla Bundesbank a Francoforte. Questo li ha fatti maturare nella convinzione che forse era giunto il momento di mettere in comune l’esercizio di questa politica comune. Mi chiedo – ha proseguito Monti – se chi osserverà retrospettivamente l’Unione Europea del 2005, del 2007 o del 2008 non potrà forse dire: «Guarda, si trovavano in un mucchio di guai: il prezzo, la mancata sicurezza degli approvvigionamenti, lo scollamento interno, il bilateralismo nelle relazioni internazionali... ma nel 2009 hanno preso una decisione per andare avanti, poi rafforzata nel 2012, e oggi, nel 2016, siamo a una politica energetica largamente condivisa». In un continente – ha concluso Monti – che è affezionato alle crisi, perché ne ha bisogno per procedere e perché senza di esse non si danno scrollate alle sovranità nazionali, forse il momento che stiamo vivendo è davvero molto interessante”.

- Anna Boccassini
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